Viaggi in aereo: perché il riscaldamento globale li rende più pericolosi Milena Gabanelli and Francesco Tortora | Corriere della Sera Dataroom | 2 March 2021 Quando si parla di riscaldamento climatico, le prime conseguenze che ci vengono in mente sono gli scioglimenti dei ghiacciai, l’innalzamento dei mari, i sempre più frequenti e devastanti temporali, la siccità. Ma l’aumento di anidride carbonica nell’aria sta provocando insidie più nascoste lassù, nell’azzurro dei cieli dove l’umanità si sposta in aereo. I numeri dei viaggi in aereo prima della pandemia Prima della pandemia, il trasporto aereo era uno dei settori più in crescita al mondo. Secondo il più recente rapporto Eurostat dedicato al trasporto passeggeri, nel 2019 oltre un miliardo di persone hanno preso l’aereo in Europa (+3,8% rispetto al 2018). La Spagna era il Paese con più viaggiatori (227 milioni), seguita da Germania (226 milioni), Francia (168 milioni) e Italia (160 milioni). Questi quattro Paesi coprivano oltre il 70% dei trasporti totali dei 27 Stati Ue. L’aeroporto della Ue più trafficato è stato Charles De Gaulle (76 milioni di passeggeri), seguito da Schiphol-Amsterdam (72 milioni), Francoforte (70 milioni), Madrid Barajas (60 milioni), Barcellona El Prat (52 milioni). I voli all’interno dell’Unione raggiungevano il 50% del totale, l’altra metà era verso destinazioni fuori dall’Europa. In particolare rispetto ai 12 mesi precedenti erano aumentati del 24% i viaggi verso l’Australia, del 18% verso le Repubbliche asiatiche dell’ex Urss, mentre il Subcontinente indiano era l’unica regione a subire una diminuzione di passeggeri europei (-8,2%). Nello stesso periodo nel mondo — stime Icao — i passeggeri sono stati 4,5 miliardi, con un aumento del 3,6% rispetto all’anno precedente. Il settore dell’aviazione e l’inquinamento Gli aerei restano il mezzo di trasporto più inquinante. Secondo dati diffusi dall’Air Transport Action Group il settore dell’aviazione è responsabile del 2% circa delle emissioni di CO2 prodotte dall’attività umana globalmente. Un volo con in media 88 persone a bordo produce 285 grammi di CO2 per ogni passeggero per ogni chilometro percorso. Un’auto — a confronto — ne produce 42 per passeggero per chilometro. Otto tonnellate su dieci di tutta la CO2 emessa riguardano tratte lunghe, oltre i 1.500 km. Secondo uno studio dell’organizzazione indipendente «International Council on Clean Transportation», dal 2013 al 2018 l’anidride carbonica rilasciata dai velivoli di ogni tipo è cresciuta del 32%. Solo nel 2018 i 39 milioni di aerei presi in considerazione, inclusi quelli commerciali, hanno emesso nel complesso 918 milioni di tonnellate di diossido di carbonio, «pari al 2,4% del totale della CO2 prodotta nel mondo». La prospettiva è che l’inquinamento prodotto dall’aviazione potrebbe triplicare entro il 2050. Uno studio condotto dall’Università di Linnaeus stima in 100 miliardi di dollari il danno climatico causato dalle emissioni nocive degli aerei nel solo 2018. L’aumento delle turbolenze ad alta quota Il boom del traffico aereo negli ultimi 20 anni e l’inquinamento che ne deriva sarebbero una delle cause principali del costante aumento di «turbolenze in aria chiara», ovvero fenomeni atmosferici che si verificano quando si incontrano masse d’aria in movimento a velocità molto differenti. Queste turbolenze, presenti per lo più nell’alta troposfera in cui operano i voli a lunga percorrenza, avvengono in assenza di nubi e sono tra le più pericolose, perché, a differenza di quelle che si verificano ai margini dei temporali o dei fronti meteorologici, risultano invisibili ai radar attualmente in uso. "Sono correnti d’aria turbolente che scuotono improvvisamente il velivolo e possono far variare la quota di crociera di diverse centinaia, se non migliaia di metri in pochi secondi" Nel 2006 la Federal Aviation Administration ha diffuso uno studio che «data» i primi segnali di aumento già a partire dagli anni 80, quando si registrava uno 0,3% di incidenti dovuti alle turbolenze ogni milione di partenze, mentre nel 2003 la percentuale aveva raggiunto l’1,7%. Dal 1980 al 2008 i vettori aerei statunitensi hanno avuto 234 incidenti a causa di turbolenze, provocando 298 feriti gravi (184 membri degli equipaggi e 114 passeggeri) e tre morti. Dal 2009 al 2018 i feriti sono stati 340 (149 membri degli equipaggi e 191 passeggeri). In generale, due terzi degli incidenti legati alle turbolenze si sono verificati a una distanza pari o superiore a 10 mila metri di altitudine. I casi accertati Nel saggio «Nuova era oscura» James Bridle riporta l’esempio del volo Aeroflot SU270 Mosca-Bangkok del primo maggio 2017. All’avvicinarsi della destinazione i passeggeri si ritrovarono improvvisamente sbalzati dai sedili e lanciati contro il soffitto. Dopo l’atterraggio 27 viaggiatori furono portati d’urgenza in ospedale. "La compagnia russa precisò che l’equipaggio aveva all’attivo decine di migliaia di ore di volo, ma la turbolenza era impossibile da prevedere" L’episodio più grave mai registrato riguarda il volo 826 United Airlines Tokyo-Honolulu del 1997: due ore dopo il decollo «il Boeing 747 precipitò verso il basso e poi rimbalzò su con una tale forza che un capocabina, che si stava tenendo aggrappato a un ripiano, si ritrovò a testa in giù con i piedi in aria». L’aereo invertì la rotta e riatterrò a Tokyo: una passeggera morì, 15 furono ricoverati con fratture al collo e alla spina dorsale e altri 87 riportarono ferite. Il National Transportation Safety Board stabilì in un’indagine che l’aereo aveva subito un rollio incontrollato di 18 gradi senza alcun segnale di preavviso. Nei cieli italiani Dal 2015 al 2020 hanno sorvolato lo spazio aereo italiano circa 9 milioni e 839 mila voli commerciali. Il sistema di reporting E-MOR dell’Enac ha registrato 42.594 segnalazioni di pericolo di varia natura. Di queste, 193 riguardano turbolenze che hanno incrociato le rotte degli aerei: 15 hanno provocato feriti. Se escludiamo il 2020 che ha avuto un minor traffico, in 5 anni le turbolenze che gli aerei non sono riusciti a evitare hanno avuto questo andamento: si è passati dai 19 casi del 2015, ai 45 del 2019. I viaggi del futuro ancora più pericolosi Gli scienziati hanno appurato che la ragione dell’aumento delle turbolenze in aria chiara è la maggiore presenza di anidride carbonica nell’atmosfera, che nel 2015 per la prima volta ha superato le 400 ppm. Uno studio pubblicato nel 2017 condotto dall’Università di Reading, nel Regno Unito, e pubblicato sulla rivista scientifica Advances in Atmospheric Sciences, ha dimostrato la correlazione tra riscaldamento climatico e aumento delle turbolenze in aria chiara. "La ricerca afferma che, se l’aumento di C02 nell’aria non sarà arrestato, la possibilità di turbolenze in aria chiara in inverno aumenterà in maniera considerevole con il passare dei decenni" Tra il 2050 e il 2080, con il raddoppio della concentrazione di anidride carbonica a un’altitudine di circa 12 mila metri nel corridoio aereo Nord Atlantico, le turbolenze moderate aumenteranno del 94%, quelle da moderate a gravi del 127% e infine le gravi del 149%. Dichiara a Dataroom Paul Williams, professore di Meteorologia all’Università di Reading, che «il fenomeno è preoccupante perché una forte turbolenza è in grado di sollevare le persone dai loro posti se non hanno le cinture allacciate. Non ci sono statistiche sulla frequenza degli eventi di turbolenza in aria chiara incontrati dagli aerei in Europa. Tuttavia, sappiamo che l’intervento umano ha cambiato il clima così tanto che la variazione verticale della velocità della corrente a getto del Nord Atlantico è aumentata del 15% dal 1979, anno in cui sono iniziate le osservazioni satellitari. Per evitare problemi è necessario migliorare l’accuratezza delle previsioni delle perturbazioni, in modo che l’imminente aumento delle turbolenze atmosferiche non si traduca in un aumento di incidenti sugli aerei». Già prima della pandemia, decine di migliaia di aerei ogni anno incontravano gravi turbolenze,con un costo stimato per il settore dell’aviazione internazionale fino a un miliardo di dollari all’anno, a causa di ritardi dei voli, lesioni all’equipaggio di cabina e ai passeggeri e danni strutturali agli aerei. Se il riscaldamento climatico continuerà senza sosta, le compagnie aeree saranno costrette sui voli intercontinentali a frequenti cambiamenti di rotta nei piani di volo, con allungamento dei tempi di percorrenza e maggiore consumo di carburante. Una spirale pericolosa per tutti.